Cosa mai il nucleare ha fatto per me?

Continuiamo la serie di approfondimenti sugli usi della scienza e tecnologia nucleare. Mentre nell’immaginario comune la parola nucleare richiama quasi esclusivamente l’uso energetico o, nei casi peggiori, bellico di questa tecnologia, essa trova in realtà impiego nei settori più disparati. In questo articolo scopriremo i molteplici usi della tecnologia nucleare alla gestione delle risorse idriche.

Foto tramite IAEA

Non è possibile sovrastimare l’importanza dell’acqua dolce come risorsa naturale per l’umanità e gli ecosistemi, al punto che le Nazioni Unite hanno dichiarato l’accesso all’acqua potabile un diritto fondamentale dell’uomo.

Tuttavia, numerose sono le minacce che incombono sul cosiddetto “oro blu”, dalla scarsità alla contaminazione.

Le acque sotterranee costituiscono il 30% delle riserve di acqua dolce nel mondo, le calotte glaciali il 69%, mentre solo l’1% è costituito da corsi d’acqua.

Gli acquiferi sotterranei dunque sono la principale fonte d’acqua dell’umanità e dal loro delicato equilibro dipende letteralmente l’esistenza di miliardi di persone.

Siccome l’acqua ha una sua specifica impronta digitale isotopica, le tecnologie nucleari, affiancate dall’idrologia tradizionale, possono fornire una gran mole di informazioni sulla provenienza dell’acqua, sulla sua qualità e sulla sua gestione sostenibile.

Una delle informazioni chiave per lo sfruttamento sostenibile degli acquiferi sotterranei è il loro tasso di rigenerazione, che può anche essere dell’ordine delle migliaia di anni: a tale scopo possono essere utilizzati gli isotopi stabili dell’ossigeno e dell’idrogeno presenti nell’acqua, nonché alcuni radioisotopi naturali (trizio, carbonio-14, etc.) in essa dissolti.

Gli acquiferi sotterranei, come i corsi d’acqua, sono inoltre crescentemente esposti all’inquinamento provocato dall’agricoltura intensiva e da altre attività umane. La contaminazione degli ambienti acquatici è uno dei problemi ambientali di più difficile risoluzione, ma ancora una volta le tecnologie nucleari che fanno uso di traccianti isotopici possono contribuire a riconoscere la sorgente della contaminazione e a modellare i suoi effetti sul sistema acquatico.

I corsi d’acqua non sono minacciati solo dall’inquinamento, ma anche dall’alterazione del loro flusso (ad esempio tramite la costruzione di dighe o per prelievo di acqua per l’irrigazione). Ciò può comportare non solo gravi danni ecologici all’ecosistema fluviale, ma anche dispute internazionali sul diritto all’uso di questa preziosa risorsa. L’uso di traccianti isotopici può aiutare dunque a gestire meglio i flussi nonché a studiare la dinamica dei nutrienti e della sedimentazione nei corsi d’acqua.

La qualità dell’acqua potabile riveste un ruolo di primo piano nella salute umana. I livelli di contaminazione (da inquinamento o radioattività) vengono anch’essi monitorati tramite tecniche isotopiche, come avvenuto nel caso degli incidenti nucleari di Chernobyl e Fukushima, o, più spesso, in caso di contaminazione da composti organici o metalli pesanti.

Foto tramite IAEA

Il settore agricolo assorbe circa il 70% delle risorse idriche impiegate dall’uomo, eppure in molti Paesi l’efficienza dell’uso dell’acqua è inferiore al 50%.

Vi è dunque vasto interesse nel ridurre la necessità d’acqua delle coltivazioni. Tale obiettivo può essere raggiunto con tecniche di ingegneria genetica agroalimentare (di cui abbiamo parlato qui), oppure modellando il ciclo dell’acqua nelle diverse colture. Lo studio degli isotopi dell’ossigeno e dell’idrogeno, ad esempio, consente di determinare quanta dell’acqua in un campo coltivato è di origine irrigua e quanta dovuta alla traspirazione delle piante.

Infine le tecniche isotopiche sono di primaria importanza nello studio del clima: fin dal 1961 infatti l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha costituito una banca dati sulla caratterizzazione isotopica delle precipitazioni (Global Network of Isotopes in Precipitation) fornendo informazioni preziosissime per i modelli climatici e idrologici su diverse scale spazio-temporali. La paleoclimatologia, ovvero la parte della climatologia che studia il clima del passato, si avvale, tra gli altri strumenti, della datazione delle carote di ghiaccio tramite il livello degli isotopi dell’ossigeno in esse intrappolati nelle varie epoche.

Foto tramite IAEA

La IAEA è impegnata in prima linea nella diffusione presso i suoi Paesi membri di queste tecnologie tramite una cinquantina tra progetti di cooperazione e ricerca attivi.

 

Nel prossimo articolo della serie parleremo degli usi della tecnologia nucleare applicati alla protezione della biodiversità.

 

Per ulteriore approfondimento:

https://www.iaea.org/topics/water

 

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