Cosa mai il nucleare ha fatto per me?

Continuiamo la serie di approfondimenti sugli usi della scienza e tecnologia nucleare. Mentre nell’immaginario comune la parola nucleare richiama quasi esclusivamente l’uso energetico o, nei casi peggiori, bellico di questa tecnologia, essa trova in realtà impiego nei settori più disparati. In questo articolo scopriremo i molteplici usi della tecnologia nucleare a protezione della biodiversità.

Gli ecosistemi e la biodiversità in essi contenuta sono di estrema importanza per l’umanità, tuttavia la crescente urbanizzazione e lo sviluppo di pratiche agricole, forestali e di pesca intensive minacciano i delicati equilibri che stanno alla base della sopravvivenza di molte specie animali.

La IAEA, tramite 15 progetti di cooperazione attivi, studia e fornisce consulenza riguardo potenziali minacce alla biodiversità, quali l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

Tra gli ecosistemi più vari del pianeta vi sono quelli marini e costieri. Le attività umane, oltre a modificare gli habitat a causa dello sviluppo costiero, spesso rilasciano inquinanti, attraverso i corsi d’acqua o tramite scarico diretto a mare, che possono avere un effetto devastante sulla biodiversità. In particolare alcune bio-tossine sono collegate allo sviluppo anomalo di fioriture algali, a loro volta responsabili della morte di un gran numero di pesci e di mammiferi marini. Le cosiddette “maree rosse”, fioriture di microalghe, comportano un rischio rilevante per la salute umana e animale, in quanto le bio-tossine ad esse collegate entrano nella catena alimentare e possono essere inalate per aerosol. In passato, tali fioriture hanno causato la morte di un terzo della popolazione mondiale di foca monaca.

Marea rossa al largo di La Jolla, California

I laboratori ambientali della IAEA studiano l’accumulo negli organismi di oligoelementi modulati da cambiamenti chimici negli oceani, in particolare esaminando la risposta biologica delle specie animali ai cambiamenti del loro habitat e gli effetti dell’inquinamento sulle singole specie.

Le tecnologie nucleari trovano impiego anche nella difesa degli ecosistemi terrestri, in particolare delle foreste tropicali, sempre più minacciate dalla richiesta di terreno agricolo e dal disboscamento per il commercio, anche illegale, del legno.

Anche in questo caso la IAEA offre ai Paesi membri addestramento sull’uso delle tecniche più efficaci per stabilire l’origine di un prodotto organico, ad esempio il legname, e quindi risalire al luogo di raccolta al fine di monitorare e contrastare il commercio illegale. Nel caso del legno, la firma isotopica dell’idrogeno in esso presente corrisponde a quella delle precipitazioni cadute nel luogo d’origine, consentendone la tracciabilità. Per altri materiali organici altri isotopi stabili leggeri, quali quelli dell’ossigeno e del carbonio, possono essere efficacemente utilizzati.

Con gli isotopi alla scoperta dei segreti della migrazione animale

La protezione delle specie animali dipende in gran parte dalla tutela dei loro habitat, il che, per le specie migratorie, vuol dire conoscerne gli spostamenti. La tecnica più spesso impiegata è dotare gli animali di un marchio, un anello numerato piuttosto che un trasmettitore radio, al fine di tracciarne a campione gli spostamenti. L’utilizzo di questo metodo è pero precluso a molte specie animali, in particolare a quelli di più piccola taglia, come gli insetti.

Ecco quindi che entrano in gioco anche in questo campo le tecniche isotopiche, che hanno inoltre il vantaggio di non richiedere la ricattura dello stesso animale al fine del campionamento. Come nel caso del legname, la tecnica si basa su un isotopo dell’idrogeno, il deuterio, la cui firma rispecchia quella dell’acqua piovana nel luogo di origine degli individui animali.

Un esempio di applicazione di questa tecnica riguarda la farfalla monarca, un importante impollinatore: ogni anno in Ottobre, milioni di esemplari viaggiano per due mesi dal Canada e dagli Stati Uniti settentrionali verso il Messico, per poi compiere il percorso inverso in Marzo. Il ritorno al nord segue però un percorso più lungo, della durata di circa sei mesi, completato su un ciclo di 5-6 generazioni di farfalle. Questo avviene perché le farfalle nate al nord, essendo più longeve di quelle nate al sud, possono completare il loro viaggio in due mesi. I dettagli di questo viaggio affascinante furono pubblicati nel 1996 da due ricercatori canadesi, Leonard Wassenaar and Keith Hobson, che grazie alla banca dati isotopica della IAEA e della WMO (World Meteorological Organization) hanno potuto completare in un anno lo studio che con tecniche tradizionali avrebbe richiesto decenni.

Nel prossimo articolo della serie parleremo degli usi della tecnologia nucleare in ambito sanitario.

Per ulteriore approfondimento:

https://www.iaea.org/topics/biodiversity-loss

https://www.iaea.org/about/organizational-structure/department-of-nuclear-sciences-and-applications/division-of-iaea-environment-laboratories

https://www.iaea.org/about/organizational-structure/department-of-nuclear-sciences-and-applications/division-of-iaea-environment-laboratories

 

 

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