NuScale al traguardo della certificazione del design, ma la strada è ancora in salita

NuScale Power è la prima azienda, e per ora l’unica, ad ottenere da parte della Nuclear Regulatory Commission (NRC) statunitense la certificazione del proprio design di Small Modular Reactor. Tale certificazione, ottenuta al termine di un esame di tutte le specifiche di sicurezza del concetto di reattore proposto, ha durata di 15 anni (rinnovabile) e sostanzialmente apre le porte alla commercializzazione dei reattori modulari NuScale. Il parere positivo ottenuto dall’Advisory Committee on Reactor Safeguards (ACRS) non è tuttavia senza ombre. In particolare è stato rilevato un possibile difetto nell’impianto di raffreddamento del nocciolo, nel quale acqua addizionata di boro circola più volte attraverso cicli di evaporazione e condensazione. Tuttavia, la fase di evaporazione priverebbe l’acqua del boro, riducendone la capacità di assorbire neutroni, dunque di interrompere la reazione a catena. NuScale avrebbe già risolto questo potenziale problema, malgrado ciò l’ACRS ha chiesto un’ulteriore valutazione di questo meccanismo di sicurezza e del rischio connesso all’immissione accidentale nel circuito di acqua priva o povera di boro, richiesta fatta propria dalla NRC. Tali approfondimenti saranno dunque oggetto d’esame al momento della richiesta di licenza operativa per uno o più reattori NuScale. L’importante traguardo della certificazione del design è ulteriormente offuscato dai tentennamenti del primo cliente annunciato di NuScale, la Utah Associated Municipal Power System (UAMPS): l’utility elettrica ha infatti in progetto la realizzazione di una centrale NuScale da 12 moduli di potenza complessiva pari a 720 MW la cui costruzione dovrebbe cominciare nel 2023, per essere operativa nel 2026. Tuttavia, citando l’aumento dei costi attesi e l’intervenuta contrarietà al progetto di alcune municipalità che aderiscono all’utility, UAMPS avrebbe espresso a NuScale l’intenzione di rimandare il progetto di 3 anni. La posizione più cauta di UAMPS potrebbe essere dovuta anche ad una campagna stampa fortemente ostativa al progetto, montata da alcuni media locali anche ad opera di organizzazioni ambientaliste, come The Union of Concerned Scientists e Uranium Watch, da sempre su posizioni critiche o del tutto contrarie al nucleare. Gli sforzi di NuScale per far percepire i reattori modulari intrinsecamente sicuri, tanto da postulare la riduzione quasi a zero dell’attuale area di emergenza (di 32 km di diametro) prevista per la loro installazione, non sembrano per ora aver fatto presa, almeno nel pubblico. Secondo i detrattori, il design che ha ottenuto la certificazione prevede moduli di potenza pari a 50 MW ciascuno, mentre la centrale dello Utah vedrebbe moduli di 60 MW di potenza, che dunque richiederebbero una nuova valutazione. Dal canto suo NuScale replica che l’aumento di potenza del 20% ricade negli ampi margini di sicurezza del design e non ha implicazioni di sicurezza rilevanti. Inoltre la licenza dello specifico impianto avverrebbe in seguito ad un altro esame approfondito da parte della NRC, come da prassi. Sul fronte dei costi, a chi obietta che il progetto sia troppo costoso per una utility privata, UAMPS risponde che i costi previsti sono pari a 55 $ al MWh, competitivi quindi con altre fonti di produzione elettrica, quali il gas naturale e le rinnovabili. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in un precedente articolo sui reattori modulari, molta della fortuna di questi progetti dipenderà però non soltanto dalla loro capacità di mantenere le promesse, ma anche dall’apertura mentale degli organismi regolatori e dalla loro capacità di evolvere al pari della tecnologia e, per quanto riguarda la riduzione dei tempi e dei costi di costruzione, dalla capacità di armonizzare a livello internazionale i requisiti normativi.

Reattori modulari: il Dipartimento dell’Energia USA a favore di requisiti di sicurezza più flessibili

I reattori modulari di piccola taglia (SMR) che stanno per affacciarsi al panorama della produzione di energia nucleare richiedono un adeguamento normativo che tenga conto delle innovazioni tecnologiche in essi intrinseche. Una parte importante dei requisiti normativi riguarda la definizione delle zone di emergenza, argomento che vede impegnato l’ente regolatore degli Stati Uniti (NRC) già da diversi anni e che ora sembra muoversi alla fase finale con la pubblicazione di una proposta di revisione normativa nel Registro Federale (Federal Registry). La bozza, ora aperta ai commenti del pubblico e delle parti interessate,  ha già incassato l’importante appoggio del Dipartimento dell’Energia. La nuova normativa, applicabile solo agli SMR e ad altre nuove tecnologie nucleari (ONT), abolirebbe la necessità di individuare la cosiddetta Ingestion Pathway Emergency Planning Zone (IPZ), ovvero la zona dove potrebbe verificarsi contaminanzione della catena alimentare in caso di emergenza radiologica, che oggi si estende per un raggio di 50 miglia attorno alle centrali. Inoltre, la Emergency Planning Zone (EPZ), oggi estesa invariabilmente a 10 miglia di raggio dalla centrale, verrebbe definita in base ad una procedura di valutazione del rischio caso per caso, con riferimento ad una soglia di dose equivalente totale efficace (TEDE) pari a 10 mSv, determinata per un ventaglio di incidenti credibili che possano occorrere al reattore. Si passerebbe dunque dalla definizione   inflessibile dell’estensione dell’area per la quale piani di emergenza devono essere predisposti ad una sua determinazione dipendente da una soglia di rischio, quindi variabile a seconda delle caratteristiche di sicurezza intrinseche che gli SMR potranno vantare e di futuri miglioramenti tecnologici. E’ doveroso notare che la soglia dei 10 mSv è la stessa che sta alla base delle 10 miglia prescritte dalla normativa vigente per i reattori di grossa taglia, dunque non vi è nessun allentamento a priori dei requisiti di sicurezza, bensì una loro più efficace declinazione. C’è da aspettarsi infatti che il combinato disposto delle innovazioni tecnologiche degli SMR e la loro piccola taglia riduca significativamente il raggio della EPZ. Inoltre la normativa così definita stabilirebbe un criterio chiaro che indurrebbe ancor di più i vari proggettisti di SMR a competere per aumentare le performance di sicurezza. I benefici di tale normativa sarebbero ampi, avendo essa implicazioni sulla sulla scelta del sito, sulla tempistica di costruzione, e sulla capacità degli SMR di convivere con altri insediamenti commerciali, residenziali, agricoli ed industriali.